Autore | Stranglers | Euro 25,00 |
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Titolo | The men in black |
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supporto | Lp | edizione | originale | stereo | |||
anno | 1981 | stampa | usa | etichetta stiff america | codice 330778 |
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condizioni [vinile] Excellent [copertina] Excellent |
versione per stampa |
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Copia con piccolo cut promozionale sulla costola della copertina, prima stampa USA, con copertina a busta (a differenza di quella inglese, che e' apribile), senza barcode, label grigia sfumata con scritte nere, nome gruppo in bianco, logo Stiff America in nero a destra, catalogo USE10, groove message ''your craft will come'' sul lato A e ''forever and ever'' sul lato B. Pubblicato nel febbraio del 1981 dalla Liberty in Gran Bretagna, dove giunse all'ottavo posto in classifica, e dalla Stiff America negli USA, questo è il quinto album in studio degli Stranglers. Un disco enormemente sottovalutato ed invece bellissimo, certo molto più oscuro e cerebrale dei lavori precedenti ("The Raven" il precedente) ed anche meno "pop" di quelli successivi ("La Folie" verra' pubblicato nello stesso 1981), non a caso ne venne tratto un solo singolo, "Thrown Away"; la sua natura di "concept album" ne accentua per di più la complessità, ma non è certo questo che deve scoraggiare quanti vi si vogliano avventurare, magari abbinandolo all' altro concept che il bassista J.J.Burnel aveva pubblicato qualche tempo prima, il magnifico e misconosciuto "Euroman Comet". Apparsi sulle scene in coincidenza della primissima ondata punk del 1976, gli Stranglers ne cavalcano da subito l'onda, distinguendosi, però, per capacità tecniche fuori dal comune, dalle centinaia di band che in quello stesso anno pullulano dagli scantinati di ogni città inglese. Assieme ai Damned, agli Ultravox e ai Clash, sono fra i primi gruppi punk britannici a ottenere un contratto discografico e a scalare le classifiche mainstream del loro paese. La line up è particolare per una punk band: alla voce e chitarra di Hugh Cornwell, il cui timbro cavernoso e insieme beffardo sarà un punto di riferimento per tante future band, al corposo basso di Jean Jacques Burnel e al piglio nerboruto del sinistro batterista Jet Black, va ad aggiungersi il virtuoso Hammond (e synth) di Dave Greenfield, parente prossimo di quella "old school" che proprio in quegli anni mostrava i segnali eclatanti di una crisi già latente. Greenfield, comunque, non avrebbe certo sfigurato nemmeno alle prese con i funambolismi propri dei precedenti movimenti rock, fossero stati psichedelici o progressivi. Ciò che al contrario accomuna gli strangolatori ai cliché del nuovo movimento, sono la forte vena dissacrante e una composizione molto scarna e aggressiva, per quanto resa paradossalmente quasi barocca dalla presenza delle tastiere, le cui micro-divagazioni, unite a quelle della sezione ritmica, assumono spesso un sapore psichedelico. | |||||||
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