Autore | Pop group | Euro 17,00 |
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Titolo | we are all prostitues (colour vinyl) |
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supporto | 7" | edizione | nuovo | stereo | |||
anno | 1979 | stampa | uk | etichetta freaks r us | codice 2102206![]() |
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versione per stampa |
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singolo in formato 7"; ristampa del febbraio del 2016, in vinile colorato, copertina pressoche' identica alla prima rara tiratura uscita su Rough Trade nel novembre del 1979. Il secondo singolo del fantastico e seminale gruppo di Bristol guidato da Mark Stewart, con due tracce all' epoca inedite su album: la leggendaria "We are alla prostitutes", che comparira' solo nel 1998 in una raccolta che dallo stesso brano prendera' nome, e "Amnesty International Report", che nel 1980 comparira' nella raccolta "We Are Time". Il Pop Group e' stato autore di una geniale miscela al vetriolo di funk deviato, free jazz e punk, tra primitivismo tribale ed alienazione metropolitana; politicizzatissima band, spigolosa ed urticante, ha rappresentato il punto di partenza di molte idee che hanno animato la scena musicale inglese negli anni successivi, a partire da quei Maffia, Maximum Joy, Pig Bag e Rip Rig and Panic che proprio da loro prenderanno forma. Della loro musica colpisce l'utopia, l'urgenza espressiva, le idee rivoluzionarie. Feroci vocalizzi di sax, sciami ritmici apertamente debitori dell'Africa nera, rigurgiti free-jazz, rumorismi fradici di elettronica, strutture incredibilmente "mutanti" che si dissolvono nella loro stessa carica eversiva, disco-funk grottescamente rallentato proteso nel finale verso un abisso di schianti armonici e di urla mostruosamente filtrate, un delirio sovraumano di creativita' che viene destrutturata, relegando il basso in una zona d'ombra in cui il funk si fa tessuto connettivo tra voce e sax, mentre l'impeto percussivo viene ridotto in frammenti, la sperimentazione finisce per degradare l'originaria matrice funk a semplice brandello di un disegno caotico piu' ampio, organizzato secondo i "dettami" dell'improvvisazione free-form, in mezzo a tante vibrazioni inconsulte, Stewart riesce comunque a liberare parole pronunciate ponendo un'enfasi selvaggiamente "teatrale" sul suo suono, violenza corrosiva di un tormento interiore: un tormento che pone la sua unica redenzione nell'atto della creazione artistica, evento unico e irripetibile nella storia del rock. | |||||||
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